Ciontoli. Famiglia Ciontoli. I Ciontoli. Un cognome che sa già di condanna. Di vergogna. Di desiderio di vendetta. Di gogna mediatica. Di pene troppo lievi e ingerenze politiche. Di un popolo compatto che grida: GIUSTIZIA! Ma che ha già decretato la morte civile di 5 persone, di un’intera famiglia (e affini). Un popolo che chiede a gran voce ai protagonisti di parlare e metterci la faccia, salvo ritenere vergognoso se poi, qualcuno di loro, inizia a farlo. Un popolo che mette una pistola in mano al figlio del reo confesso, che firma petizioni online per non far lavorare la figlia dello stesso. Un popolo che continua a ripetere ossessivamente una decina di accuse, sempre quelle, nonostante la maggior parte siano state smentite dai fatti diversi anni fa. Quello che è successo lo sappiamo tutti. Una tragedia, un dolore che nessuna sentenza potrà mai alleviare per i genitori di Marco Vannini e per tutti quelli che gli volevano bene. Il loro strazio e la loro disperazione meritano infinito rispetto. Ma è proprio nel rispetto di Marco che riteniamo indispensabile parlare, capire e leggere gli atti, affinché ognuno dei componenti della famiglia Ciontoli venga investito delle proprie responsabilità e giudicato in base a ciò che ha effettivamente commesso. Quella maledetta sera sono accadute tante cose, ognuno ha avuto il proprio ruolo nella vicenda. Atti alla mano, vi stupirà, emergono responsabilità oggettivamente diverse. Colpe diverse. Che meritano condanne diverse.
Cosa accadde quella notte secondo l’opinione pubblica
Il 17 maggio 2015, Marco Vannini va a cena a Ladispoli a casa della sua fidanzata Martina Ciontoli. In casa ci sono il papà di lei, Antonio, la madre Maria Pezzillo e il fratello Federico con la sua fidanzata, Viola. L’aria è tesa, ci sono attriti tra Marco e Martina. Dopo cena si scatena una lite furibonda tra i due ragazzi, in camera di Martina, tanto che la ragazza chiede al padre di intervenire in sua difesa. A quel punto Antonio apre la cassaforte, prende una delle sue pistole (legalmente detenute, in quanto è uno 007 di professione) e spara contro Marco, ferendolo mortalmente. E’accaduto sicuramente in camera di Martina, perché è lì che gli inquirenti trovano le scarpe di Marco, le quali presentano evidenti tracce ematiche. Come si sono sporcate di sangue, se si trovavano in camera di Martina mentre Marco è stato colpito nudo in bagno? Anche se, a dire il vero, il colpo potrebbe averlo sparato Federico. Marco inizia a stare male, perde un litro e mezzo di sangue, quindi viene trasferito nella vasca da bagno, dove viene spogliato ed accuratamente lavato per cancellare le tracce ematiche. Ad essere precisi, vengono fatti sparire anche gli abiti insanguinati di Marco, compresa una banconota da 100 euro, anch’essa sporca di sangue. Marco urla, chiede scusa a Martina (chissà lei cosa gli sta facendo, forse sta cercando di estrarre il proiettile), cerca di raggiungere il telefono ma gli viene impedito. Nel frattempo, Antonio dice a tutti che la pistola era scarica, per accordarsi sulla versione da dare agli inquirenti. A questo punto intervengono due figure, mai identificate, che cercano di insabbiare ancora di più la situazione. Dopo 110 minuti di urla strazianti, finalmente Federico chiama i soccorsi, ma al telefono mente e non viene creduto. Passa allora il telefono alla madre, la quale incredibilmente chiude la telefonata. Passano altri interminabili minuti, Marco sta sempre peggio. Federico torna in bagno e trova il bossolo, finalmente capisce che Marco ha un proiettile in corpo (come abbia fatto a non accorgersene prima con tutto quel sangue è un mistero) e lo dice al padre. Intanto, lo stesso Federico si premura di pulire la pistola e il bossolo, cancellando ogni traccia e li nasconde in camera sua. Allora Antonio chiama il 118, ma non parla del proiettile, bensì di una caduta accidentale e un “buchino” provocato da un pettine appuntito. Tutta la famiglia è d’accordo con questa versione, in quanto se si venisse a sapere del colpo di pistola, Antonio perderebbe il lavoro. La cosa migliore per tutti, a questo punto, è che Marco muoia, così da impedirgli di raccontare del colpo esploso volontariamente da Antonio (o da Federico). Arrivano i soccorsi, Antonio davanti a tutta la famiglia ripete la menzogna del pettine appuntito senza che nessuno lo contraddica. Gli operatori del 118 decidono comunque di portare Marco al PIT di Ladispoli, ripartendo da casa Ciontoli in codice rosso. All’arrivo al PIT, Antonio dice per la prima volta al medico di turno che Marco è stato attinto da un colpo di pistola, chiedendo però di omettere questa circostanza nei referti. Nel frattempo, Martina e Viola rimangono a casa per ripulire tutto il sangue e si recano al PIT solo 20 minuti dopo l’ambulanza. Dopo diversi tentativi di rianimazione, Marco muore alle ore 03.10 del 18 maggio 2015. L’omertosa famiglia Ciontoli completa così il proprio piano diabolico: ora Marco non può più parlare, l’onore ed il lavoro di Antonio sono salvi. L’opinione pubblica chiede immediatamente l’ergastolo per tutti e 5 questi mostri, che hanno causato (e gli è convenuto così), la morte di Marco. Ancora oggi, a distanza di sei anni, nessuno di loro ha ancora chiesto scusa alla famiglia Vannini.
In tutto questo, ci sono anche diverse aggravanti
Martina, non solo era la fidanzata di Marco, ma praticamente era già infermiera, ergo non poteva non essere in grado di agire in maniera professionale. La sua condotta, quindi, è ancora più grave ed inspiegabile. Federico invece, alle superiori, aveva frequentato la Nunziatella, quindi doveva assolutamente conoscere il rumore di ogni tipo di arma da fuoco, carica o scarica che fosse. Antonio poi, agente segreto in missioni speciali, era un grande esperto di armi, quindi di sicuro sparò volontariamente a Marco. Dati alla mano, tutti hanno concorso alla morte di Marco Vannini, tutti sapevano cosa stava accadendo ed hanno preferito lasciarlo morire. Tutti avevano le competenze per salvarlo.
Bene, ora rileggete tutto e cancellate il 95% di quanto ho scritto. Perché è FALSO.
Ricominciamo da capo, parlando di dati certi. Di quale litigata si parla?
E’ vero, Marco quella sera va a cena dai Ciontoli, a Ladispoli. E’ presente la famiglia al completo più Viola, la ragazza di Federico. Parliamo subito della litigata tra Marco e Martina. Avete ascoltato le 4 ore e mezza di intercettazioni nella Caserma di Civitavecchia, subito dopo la tragedia? Beh, noi l’abbiamo fatto, ed incredibilmente NESSUNO in quelle oltre 4 ore parla della litigata. Eppure, secondo le tante fantasiose ricostruzioni, sarebbe stata la causa scatenante di tutto. Nessuno chiede a Martina del perché avessero discusso, Antonio non si pente mai di essere intervenuto in difesa della figlia, nessuno parla di aver portato Marco dalla camera di Martina al bagno (tra l’altro, cosa lo lavi a fare se gli hai sparato e aspetti solo che muoia? Dopo i primi 10 secondi di autopsia, la verità sarebbe emersa immediatamente…). Ricordate che sulle scarpe di Marco vennero trovate delle gocce di sangue? Beh, è FALSO! Quindi, dati alla mano, questa litigata ci fu? Non risulta. Marco venne raggiunto dal colpo di pistola in camera di Martina e successivamente venne spostato in bagno? Non risulta da nessuna parte.


Marco indossava davvero una maglietta blu al momento dello sparo?
Parliamo ora della famosa maglietta mancante, quella blu. Ancora oggi, tantissime persone sono convinte che Marco la indossasse al momento dello sparo, e che i Ciontoli l’abbiano fatta sparire in quanto avrebbe mostrato chiaramente il buco del proiettile e una grande quantità di sangue. Ci sono però alcune forti incongruenze, che vorremmo farvi notare. Intanto, nei giorni immediatamente successivi alla tragedia, tutti cercavano una canottiera arancione da bagnino, non una t-shirt blu. Per mesi si è cercata questa canottiera arancione, la quale risulta però essere in camera di Martina (è lì che Marco si è spogliato) e fotografata dagli inquirenti. Dov’è il mistero allora? Onestamente non si capisce. L’attenzione si è poi spostata sulla t-shirt blu, ma perché? A detta della madre di Marco, Marina, quella maglietta a casa sua non si è più trovata. Automaticamente, l’hanno fatta sparire i Ciontoli, per i motivi descritti sopra. Ma quali certezze ci sono per affermare una cosa simile? Onestamente nessuna. Basti pensare che in un’intervista a “Le Iene”, Marina dichiara di essersi recata in Sardegna, dove i Vannini hanno una casa, per vedere se la maglietta fosse lì. Questo ci porta ad un’unica considerazione: Marina non vide il figlio uscire di casa con quella maglia. Se ne avesse avuto la certezza, non si sarebbe imbarcata per cercarla in Sardegna. Quindi, lei non sa dove si trovi questa t-shirt. Questo però non vuol dire automaticamente che debbano saperlo i Ciontoli. Non ci sembra una logica così inappuntabile. Così non si fa che aumentare l’odio e lo sdegno, ma a chi giova tutto questo?

La strana vicenda di Davide Vannicola e delle telefonate ripulite, finite nel dimenticatoio
Sempre “Le Iene”, quattro anni dopo la tragedia, mandano in onda uno speciale, nel quale un commerciante, Davide Vannicola, afferma di aver saputo dal Maresciallo Roberto Izzo che a sparare a Marco quella maledetta notte non è stato Antonio, bensì il figlio Federico. Dopo pochi mesi, però, il procedimento viene archiviato. Anzi, Vannicola non si presenta al confronto con Izzo e viene accusato di falsa testimonianza. La bomba però è ormai sganciata. Gli effetti si vedono ancora oggi. Tante, tantissime persone credono ancora che a sparare sia stato Federico. Nonostante le intercettazioni e le numerose perizie affermino con assoluta certezza il contrario. E’ giusto tutto questo? Sempre nella stessa trasmissione, ed anche a Quarto Grado, viene trasmesso il filmato della registrazione delle telefonate al 118, ripulite da una società chiamata EMME TEAM. Secondo questi audio “ripuliti”, in casa ci sarebbero state due persone esterne alla famiglia Ciontoli. Chi sono queste persone? Ma soprattutto, erano davvero presenti in quei concitati momenti? Anche in questo caso, non risulta nulla nelle varie intercettazioni, nessuno menziona mai la presenza di questi due individui all’interno di casa Ciontoli. Inoltre, la Corte ha rigettato la richiesta di accogliere la consulenza della Emme Team, che non è quindi mai entrata a processo.

Si parla sempre di quei famosi 110 minuti come la cosa più grave accaduta quella sera. 110 minuti di ritardo che hanno causato la morte di Marco
Ora, ammesso pure che queste persone non siano mai esistite, ci sono quei 110 minuti che gridano vendetta. 110 minuti nei quali Marco Vannini urlava, agonizzava, e nessuno ha mosso un dito. Quei 110 minuti che pesano come un macigno sulla coscienza di tutti i Ciontoli. Ma è andata proprio così? Davvero per 110 minuti nessuno ha fatto niente? Secondo una vicina di casa, lo sparo si colloca tra le 23.25 e le 23.30 di quella sera. Alle 23.41 Federico chiama il 118 (telefonata chiusa dalla madre, non da lui). Alle 00.06 è Antonio a chiamare i soccorsi, che arrivano alle 00.23. Dallo sparo, non è passata nemmeno un’ora. Un’enormità lo stesso? Sicuramente, ma perché arrivare a raddoppiare il tempo effettivo della situazione? Inoltre, durante la chiamata di Federico, le urla di Marco non si sentono. Stava già male, indubbiamente, ma nessuno dei presenti (escluso Antonio), sapevano del proiettile nel corpo di Marco.

Marco perse molto sangue? Nessuno lo notò? Chi ripulì la casa?
Certo, magari non sapevano del proiettile, ma com’è stato possibile che non si siano accorti del sangue? Secondo avvocati e media, Marco ha perso esternamente almeno un litro e mezzo di sangue. Vista così, è evidente che tutti si fossero accorti del proiettile e di sicuro qualcuno, quel sangue l’ha ripulito. Beh, secondo le perizie, anche questo è FALSO. Durante l’autopsia, nel torace di Marco sono stati rinvenuti 6 litri di sangue, dovuti all’emorragia interna, non 3 litri come risulta su alcune testate. Non è assolutamente un dettaglio da poco, anzi. Dimostra che nessuno ha potuto notare questa enorme quantità di sangue fuoriuscito, tantomeno nessuno l’ha ripulito. Marco perse solo poche gocce di sangue, condizione che agli occhi di tutti avvalorava la versione di Antonio. Quelle stesse gocce di sangue però hanno insospettito Federico, il quale torna in bagno e sul tappeto rinviene il bossolo. In quel momento gli appare tutto chiaro: Marco è stato attinto da un proiettile. Corre subito in camera da letto, comunica al padre il ritrovamento del bossolo e lo costringe a richiamare il 118, facendogli assumere le proprie responsabilità. Ma Antonio non ha alcuna intenzione di assumersele, per questo si apparta per chiamare il 118 e mente vergognosamente all’operatrice. Parla di un buchino causato da un pettine. Nessuno lo sente pronunciare queste parole, nessuno quindi può smentirlo. Oltre alle urla di Marco, in questa telefonata sentiamo la voce di Martina, che risulta sempre accanto a lui. Non sentiamo Federico, il quale è andato a cambiarsi (era in pigiama) ed a prendere dei vestiti per Marco. Sappiamo per certo che in quegli istanti Federico non ha pulito le pistole, come si sente dire ancora da più parti. Ce lo confermano le perizie, le quali affermano che non è stato possibile risalire ad impronte certe, in quanto sulle pistole ce n’erano troppe. Questo ridimensiona la famosa frase di Viola, quando dice a Federico: “così ho parato un po’ il culo a te”. Viste le perizie, diventa credibile la spiegazione della ragazza, che intendeva tranquillizzare Federico, avendo fornito esattamente la sua stessa versione, comunque vera, non alimentando sospetti su di lui (visto che già ce n’erano). E’ agli atti che non fu Federico a sparare, quindi non ha “coperto” questa grande menzogna.

Antonio mentì anche ai soccorritori. Chi era presente in quel momento?
All’arrivo dei soccorritori, Federico si trova fuori casa. Sta spostando la macchina che era parcheggiata davanti all’ingresso di casa, per far spazio all’ambulanza (i tabulati del GPS dell’auto confermano quanto dichiarato da Federico). Quando i soccorritori entrano in casa, sono presenti Antonio, Martina e Maria. Antonio mente ancora, non parla del proiettile ma Marco non sta bene, si esprime con difficoltà, satura all’80-85% (il valore di 85 è da codice rosso). I soccorritori decidono così di portare Marco al P.I.T. di Ladispoli, partendo però da casa Ciontoli in codice VERDE, senza sirena e senza allertare il medico del P.I.T., il quale all’arrivo dell’ambulanza stava preparando il letto per andarsene a riposare. L’ambulanza è seguita dall’auto di Antonio, guidata da Federico e con Antonio come passeggero. All’arrivo, finalmente Antonio dice la verità, confessando al medico di aver sparato a Marco. Aggiunge però se fosse possibile non mettere a verbale del colpo d’arma da fuoco, in quanto dichiara di essere un Carabiniere in servizio alla Presidenza del Consiglio.

Mentre Antonio cerca di nascondere la verità, Federico lo sbugiarda direttamente con i Vannini
In quegli stessi istanti, Federico vede i Vannini, va loro incontro e gli racconta la verità. Marco non è caduto dalle scale, ma è stato colpito da un proiettile. Questo fa totalmente decadere l’ipotesi di un patto familiare atto a coprire Antonio. Mentre Antonio prova a far nascondere il proiettile, Federico lo va a dire addirittura ai genitori di Marco. Il bluff di Antonio la smaschera direttamente Federico…Il medico chiaramente non asseconda questa folle richiesta, ma nonostante ormai fosse al corrente del proiettile nel corpo di Marco, non riesce a spiegarsi le condizioni del ragazzo. Marco è fuori di sé, ha una forza disumana, tant’è che il dottore va a chiedere ai Vannini se per caso il figlio fosse sotto effetto di sostanze stupefacenti. Martina, Maria e Viola arrivano dopo pochi minuti. Abbiamo già appurato che non ci fosse sangue da pulire, partono pochi istanti dopo l’ambulanza. A guidare è Martina, neopatentata e con uno stato d’animo che è facile intuire. Parcheggiano sul retro del P.I.T., all’opposto rispetto a dove arriva l’ambulanza. Ecco spiegati i minuti di ritardo, che sembrano fare tanto scalpore.

Si cerca ancora la verità. Ma quale dovrebbe essere, esattamente?
Dopo 6 anni da questa atroce vicenda, la maggior parte dell’opinione pubblica continua a chiedere ai Ciontoli di dire la VERITA’. Ora, questo implica che secondo moltissime persone, ci sia qualcosa sotto che non sarebbe mai emerso. Ma cosa, esattamente? Certo, più di qualche bugia c’è stata. Ad esempio, il definire Martina un’INFERMIERA. All’epoca dei fatti, aveva sostenuto solo 2 esami, del primo semestre, del primo anno. Può stare antipatica al mondo intero, ma dopo 2 esami non hai nessunissimo tipo di competenza infermieristica. Usare questi 2 esami come aggravante in una situazione del genere è offensivo per qualunque cervello pensante. La si può attaccare su tante cose, ma questa è una menzogna bella e buona.
Così com’è falso affermare che Antonio sia un esperto di armi. Il suo era un lavoro di IMPIEGATO, il suo ruolo non prevedeva l’uso di armi, infatti non ne aveva d’ordinanza. Aveva il porto d’armi per sua scelta, SCADUTO da anni.
Riguardo alle “verità nascoste”, quasi nessuno crede al fatto che Marco abbia fatto entrare Antonio mentre era nudo nella vasca. Ma perché? Può essere una cosa poco probabile, forse, ma di certo non impossibile. In quei giorni, i Ciontoli stavano facendo i lavori al bagno al piano di sotto, che era quindi inagibile. Il fatto che Marco non facesse entrare i suoi genitori in bagno, vale per quando si trovava in casa sua. E’ il sogno di ogni genitore sapere cosa fa esattamente il figlio quando si trova fuori di casa, ma sappiamo perfettamente che non è così. Il fatto che Marco consentisse ad Antonio di entrare (non credo fosse un hobby, sarà capitato rarissime volte), non significa che Marco non fosse una persona perbene o che in quella casa accadessero cose perverse. Marco stava spessissimo dai Ciontoli, il livello di confidenza era altissimo, è così impensabile che Antonio gli abbia detto: “Marco, posso entrare un secondo? Non ti guardo, un attimo ed esco”? Erano due uomini, due persone che condividevano molte cose, si volevano davvero molto bene. Sicuramente, ci fosse stata Viola in bagno, Antonio non sarebbe mai entrato. La vicenda è terrificante, lo sappiamo tutti, ma non è che ora ogni cosa va vista sempre e solo in maniera diabolica. Basti pensare al sogno di Marco di entrare nel mondo militare. Sapeva lui, come sappiamo tutti, che non è che in caserma ognuno ha il bagno e la doccia personale. Questo è per far capire che in determinate situazioni, una deroga alle solite consuetudini ci può stare.
Ancora tanti dubbi e sospetti su Federico. Ma sono davvero fondati?
Un’altra cosa che sembra non convincere nessuno, è il fatto che Federico abbia portato le pistole prima al piano terra e poi al piano superiore. Non si è ben capito questo cosa possa insinuare, ma la spiegazione di Federico è assolutamente logica. Marco è stato colpito in bagno, al piano superiore, e loro sono tutti di sopra. Trova le pistole e le porta al piano terra, dove non c’è nessuno. Quando Antonio chiama i soccorsi (seconda chiamata), portano Marco al piano terra, per agevolare il lavoro dei soccorritori. In quel momento si trovano tutti di sotto, e per la stessa logica di prima, Federico porta su le pistole, dove non c’è più nessuno. Cosa ci sia di poco credibile e sbagliato, onestamente, non si comprende.
Un altro punto controverso sono le dichiarazioni dei soccorritori, i quali collocano Federico nella stessa stanza con Marco ed Antonio, quando quest’ultimo mente all’infermiera ripetendo la storiella del pettine appuntito. Vista così, Federico avrebbe assecondato la follia del padre, non smentendolo e non permettendo ai soccorritori di intervenire in maniera adeguata. Ma i dati del GPS della macchina sono incontrovertibili. Nei minuti esatti dell’arrivo dell’ambulanza, Federico e Viola non erano in casa. Sono usciti per spostare l’auto e i bidoni della spazzatura. Quindi, quando i soccorritori sono entrati in salone dove c’era Marco, loro non erano presenti. Non ci sono dubbi però sul fatto che Martina e Maria fossero presenti, erano proprio lì, come Antonio stesso dichiara: “all’arrivo dei soccorritori, stavamo io, mia figlia e mia moglie vicino a Marco”. E’ evidente che Federico, sul suo profilo, stia dicendo la verità. Tutti i suoi familiari lo collocano sempre in posti dove sta facendo qualcosa di utile per aiutare Marco. Queste ultime dichiarazioni di Antonio lo confermano. Non ha detto: “ero solo io”, per salvare tutta la famiglia. Nomina Martina e Maria, quindi non è un goffo tentativo di estrometterli tutti dalla vicenda.
L’incredibile ruolo dei media in questa vicenda
Già due giorni dopo la tragedia, i media iniziarono col balletto fatto di speciali, inchieste, indagini parallele ed il loro giochino preferito: sbattere il mostro in prima pagina. Su questo caso, in TV specialmente, ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori. Peccato che per un punto in più di share, sono stati costretti molto spesso ad inventare la notizia, come se la vicenda non fosse già tanto tragica di suo. A tutti quelli che continuano a dire che i media non hanno affatto influito sul processo, riportiamo testualmente la parole di Marina, la mamma di Marco: “Ringrazio Dio le trasmissioni che ci sono state, perché se non ci fossero state quelle, in questo momento il caso di mio figlio era già chiuso”. Abbiamo visto diverse volte il vergognoso comportamento di alcuni giornalisti. Fare appostamenti sotto casa di Federico, inseguire Viola in macchina, pedinare Martina sul posto di lavoro, in che modo ha aiutato le indagini? In che modo si onora e si rispetta Marco? Sapere dove vivono ora i Ciontoli rende il processo più equo e chiarisce qualche punto oscuro? La risposta la conosciamo tutti. Nella cronaca giudiziaria italiana ci sono state sentenze che hanno lasciato l’amaro in bocca, ma non ricordiamo Deputati, Senatori, addirittura Ministri che si sono scagliati contro una sentenza, tra l’altro neanche definitiva. I Ciontoli hanno subito 3 gradi di giudizio, ed ogni sentenza ha sconfessato quella precedente. E’ lecito chiedersi perché, in base a cosa. A nostro giudizio, è terrificante la frase pronunciata dal Presidente della Corte d’Appello di Roma, nell’udienza del 08/07/2020. Ve la riportiamo integralmente: “…è uno dei primi casi di rinvio della Cassazione in cui più che a un principio di diritto si dà una specie di indirizzo su quello che si deve fare in fatto e poi adattare eventualmente il principio di diritto”. Avete capito bene? Vi prego di rileggere cento volte questa frase, poi traete le vostre conclusioni.

Secondo l’ultima sentenza, la morte di Marco Vannini è convenuta a tutti
E ci sono riusciti, ovviamente, arrivando ad affermare che la morte di Marco “ha giovato” ai Ciontoli. Sembra proprio un aver adattato un principio di diritto ad un qualcosa di forzato. Analizzando tutta la vicenda, in che modo qualcuno ha tratto giovamento dalla morte di Marco? A chi è convenuto? Intanto, che ci crediate o no, anche tutta la famiglia Ciontoli sta soffrendo (inutile il paragone con la sofferenza dei Vannini, quella ovviamente è la più grande e la più atroce). Se a tutti fosse convenuto lasciar morire Marco, perché Federico chiama i soccorsi dopo un quarto d’ora? Perché comunque Antonio li richiama? Avrebbero aspettato la morte del ragazzo, senza correre il rischio che qualcuno potesse salvarlo, no? Secondo quale logica chiamo i soccorsi ma spero che non facciano il loro lavoro? Marco era cosciente ed ha sceso le scale di casa Ciontoli sulle sue gambe, seppur sorretto. Non sembrava in fin di vita, (nemmeno ai soccorritori, i quali abbiamo già detto che si diressero al P.I.T. in Codice Verde). Su questo aspetto, appare dirimente la tragicamente famosa frase di Antonio al medico del P.I.T., quando gli chiede se sia possibile omettere nel verbale il colpo di pistola. E’ evidente che potresti, tra moltissime virgolette, non refertare un proiettile nel braccio, ma se quel proiettile causa un decesso, come puoi minimamente pensare che la cosa possa essere taciuta?
Le 4 ore e mezza di intercettazioni dimostrano che Marco non avrebbe avuto niente di così grave da rivelare
Da dove deriva la convinzione che Marco avrebbe potuto svelare chissà quale verità? Sono pubbliche le 4 ore e mezza di intercettazioni nella Caserma di Civitavecchia, registrate poche ore dopo la tragedia. Nessuno parla mai di un litigio, di una discussione, di un possibile movente. E’ in quei filmati che si trova la verità di tutto. Anche delle bugie di Antonio, delle quali nessuno era al corrente. Appare chiaro che nessuno, NESSUNO, ipotizzasse la morte di Marco. Molti dicono che le urla di Marco fossero un chiaro segnale, ma secondo le perizie del medico legale anche solo il proiettile al braccio avrebbe provocato quelle urla. Un proiettile rompe ossa, muscoli, nervi e cartilagini. Di certo, le urla di dolore erano più che giustificate. Purtroppo le condizioni di Marco non apparivano chiare a nessuno, tant’è che il medico del P.I.T. scrive sul referto: “ragazzo in coma con ferita d’arma da fuoco superficiale”, non parla di sospetta emorragia interna. Di certo il medico non ha nessuna colpa, per carità, ma questo dimostra quanto fosse difficilissimo anche per un professionista pensare che Marco stesse morendo. C’è un dato che fa riflettere: saputo del proiettile, Marco non è stato portato a sirene spiegate al Gemelli, ma si è atteso l’arrivo dell’elisoccorso per 38 minuti. Una perdita di tempo che sembra coincidere con l’idea di tutti: Marco stava male, ma non stava morendo. Per amor di verità, troviamo molto scorretto parlare dei Ciontoli come un’unica testa ed un unico corpo. Non è così! C’è chi quella sera fece il possibile, secondo competenze e conoscenze (scarse), e chi non sembra aver fatto nemmeno il minimo sindacale.

Tutti i presenti quella sera, devono essere giudicati SINGOLARMENTE, ognuno secondo le proprio responsabilità
Per questo, per quanto detto in questo articolo, in nessunissimo modo si vogliono deresponsabilizzare i componenti della famiglia Ciontoli, anzi. E’ chiaro che Antonio sia quello che più di tutti ha contribuito alla morte di Marco (lo sparo, le varie bugie, i tentativi di depistaggio…). Ci sono state bugie e situazioni poco chiare? Sì, ce ne sono state. In primis, la famosa intercettazione di Martina, quando nella Caserma di Civitavecchia viene ripresa dalle telecamere mentre dice: “io ho visto lui quando papà gli ha puntato la pistola”, come se fosse stata presente in bagno al momento dello sparo. Ora, lei in Tribunale ha dichiarato di aver solo riportato le parole del padre, parlando però in prima persona. La sua dichiarazione non ha convinto i giudici che, nella sentenza del processo d’Appello – bis, la collocano all’interno del bagno, contrariamente alle sentenze precedenti. Se fosse andata davvero così, presumibilmente Martina avrebbe potuto sapere fin da subito del proiettile e non avrebbe né chiamato i soccorsi (lo fece Federico, pur non sapendo nulla), né detto loro la verità una volta arrivata l’ambulanza. E’ anche l’unica della famiglia ad affermare che Marco non abbia urlato quella sera. Non ha nemmeno chiamato i genitori di Marco, nonostante avesse molta confidenza e non fu lei a dire loro la verità, bensì sempre Federico.
Poco chiaro appare anche il comportamento di Maria Pezzillo. Nella vicenda, sembra non comparire praticamente mai. Di lei sappiamo solo che chiuse la telefonata fatta da Federico al 118 (rassicurata da Antonio che Marco stesse meglio) e le due chiamate effettuate ai Vannini, dove però parla di una caduta accidentale dalle scale, mai del colpo di pistola. Da quanto ne sappiamo, è stata sempre presente, al pari di Martina, tranne nei primissimi momenti in bagno. Era presente in camera quando Federico entra di corsa e dice al padre di aver trovato il bossolo, (e lo costringe a chiamare immediatamente il 118). Era sicuramente in casa quando arrivano i soccorritori, in quanto stava tenendo sollevate le gambe di Marco. Tra lapsus, “non ricordo”, silenzi e contraddizioni, non riesce a fornire dichiarazioni convincenti agli inquirenti.
Appare lampante come il comportamento di Federico sia oggettivamente in antitesi con quello di Martina e Maria, ed ovviamente del padre
Federico, senza alcuna competenza in ambito sanitario, capisce da subito che Marco non sta bene. Si preoccupa, parla col padre e nonostante il parere contrario di Antonio, chiama il 118 dopo pochi minuti. Non sa spiegare all’operatrice quale tipo di scherzo sia stato fatto a Marco, ma le sue parole rappresentano un quadro di gravità assoluta: “si è sentito male, è diventato troppo bianco, non respira più”. Da quanto emerge dalle intercettazioni ambientali del giorno dopo, pensava davvero fosse “solo” un attacco di panico, eppure non ha esitato un secondo a chiamare, schierandosi contro il padre. Viene poi ingiustamente accusato dall’opinione pubblica di aver interrotto la suddetta chiamata, ma sappiamo bene che questo non è vero, anzi. Le parole di Federico quando passa il telefono alla madre sono inequivocabili: “non mi credono, diglielo tu che devono venire”. E’ evidente come una frase del genere smentisca categoricamente chi continua ad accusarlo di aver protetto il padre. Così come accade all’arrivo al PIT, dove sconfessa clamorosamente la versione di Antonio, andando a raccontare la verità ai genitori di Marco. Dove lo vedete questo patto “mafioso”? Questo muro d’omertà da parte di Federico? Mentre tutti sembrano imbambolati, prende in mano la situazione, intuisce che il colpo d’aria è poco credibile e recupera il bossolo in bagno. Come se fosse l’unico adulto responsabile in casa, toglie le pistole di mezzo. Costringe il padre a richiamare i soccorsi e si adopera fattivamente, insieme a Viola, ad agevolare l’arrivo ed il passaggio dei soccorsi. In molti continuano ad accusarlo del fatto che anche se pensava che il colpo fosse rimasto nel braccio, avrebbe dovuto comunque allertare il 118. Quello che tutti sembrano non vedere, è che Federico fece ESATTAMENTE così! Costrinse Antonio a chiamare pur sapendo che il proiettile fosse fermo lì. Fece chiamare direttamente il padre soprattutto perché, memore della prima telefonata, era meglio che a spiegare il tutto fosse proprio Antonio, visto che era l’unico presente al momento dello sparo e che avrebbe potuto fornire tutte le indicazioni del caso all’operatrice. Non è però presente durante la chiamata del padre, quindi non era consapevole della vergognosa bugia detta al 118. E’ stato l’unico, insieme a Viola, a trovarsi fuori casa al momento dell’arrivo dei soccorsi, quindi non poteva minimamente immaginare che il padre avesse mentito ancora (onestamente, ma perché avrebbe dovuto sospettarlo?). La sua posizione, obiettivamente, ci sembra decisamente più leggera rispetto al resto della famiglia. Sui giornali, riviste, nei programmi TV, si parla sempre e solo dei Ciontoli, come se quella maledetta sera si fossero comportati tutti allo stesso modo. Dati alla mano, questo non è assolutamente vero. Visto il tragico epilogo della vicenda, è evidente che tutto assume una connotazione delittuosa, ma che tutti fossero d’accordo nel lasciare morire Marco per salvaguardare il posto di lavoro di Antonio non ci sembra assolutamente veritiero.
Marco Vannini merita giustizia, non vendetta
Tutti volevano bene a Marco, un ragazzo d’oro che merita GIUSTIZIA. Il dolore della famiglia Vannini non è quantificabile, da quella notte la loro vita non potrà mai più essere la stessa. Il nostro rispetto per il loro dolore è puro e sincero. Con quest’articolo non vogliamo assolutamente sminuire o criticare il loro stato d’animo. Loro non meritavano questo. Marco non meritava questo. Quello che ci auguriamo è che questa tristissima vicenda smetta di creare fazioni, di generare astio, parole e atteggiamenti violenti da parte di tutti. In questi anni abbiamo respirato un clima carico d’odio, che sembra quasi che voglia sfociare in vendetta. Questo in un Paese civile non dovrebbe succedere. Abbiamo tutti nel cuore il sorriso di Marco, il suo futuro spezzato, le sue urla che ancora scuotono le nostre coscienze. Per questo ci uniamo alla richiesta di giustizia per questo splendido ragazzo. Con la convinzione che Antonio, Maria, Martina e Federico debbano essere giudicati esclusivamente per ciò che hanno e/o non hanno fatto.
Sono stati tutti protagonisti quella sera, indubbiamente, ma ognuno con un ruolo e delle responsabilità diverse.